sabato 29 dicembre 2012
STOP AI FINANZIAMENTI PRIVATI ALLA CULTURA
venerdì 21 dicembre 2012
CONCORSO PER CATTEDRE DICEMBRE 2012
giovedì 20 dicembre 2012
COELIAC PRIDE!
venerdì 2 novembre 2012
LA LIBERTA' SECONDO DOSTOEVSKIJ
Da "I fratelli Karamazov", sceneggiato RAI diretto da Sandro Bolchi del 1969, tratto dall'opera omonima di Fedor Dostoevskij
mercoledì 24 ottobre 2012
PROCESSO IN VATICANO
SEPARATI ALLA NASCITA
domenica 7 ottobre 2012
LA STABILITÀ BASALE
Si può avere tutto e tutto assieme?
Non ci si può e non ci si deve lamentare, perché però quella famosa ciliegina sulla torta se la fotte sempre qualcuno?
Bisogna per forza bilanciare, l'invidia divina che tanto rifuggivano i greci esiste? A costo di rischiare, una volta mi piacerebbe essere tracotante... Il tempismo del caso è sempre puntuale, ma se è vero che ognuno può aiutare il proprio destino a raddrizzarsi stavolta bisogna giocarsi il carico da 11. Poi magari per riportare la stabilità basale toccherà perderne pure due, ma non lottare per la gioia e arrendersi é un peccato contro se stessi e contro chi ci sta vicino. Eppure non vedo la gente scendere in piazza almeno per lamentarsi, tutti a testa bassa a sopportare e aspettare sia il prossimo a vincere per salire sul suo carro. Chi poi dovrebbe per mestiere aiutarci pensa solo a se stesso e anziché proporre continua con le sue battaglie contro i mulini a vento, futili sinceramente ora come ora.
Il cunctator, mi insegnarono, non fece una bella fine, chi poi scappa per non affrontare le difficoltà mi fa ancora più pena di chi non fa nulla perché è solo un egoista.
I sognatori diurni fanno paura, sono pericolosi perché vivono i loro sogni ad occhi aperti, non bisogna lasciare che le nostre speranze restino fra le polverose pieghe del sonno, Lawrence d'arabia ce l'ha insegnato.
Rimanere sul campo e mettersi in gioco è la mia scelta, vorrei lo fosse anche per tutto il resto delle scelte, questa settimana mi hanno ricordato una delle più belle poesie che abbia letto :"sia la tua vita, vigile scoperta quotidiana". Non servirà a nulla? mi porterà a perderci? Probabilmente non ce la farò nemmeno a tener fede a questo mio impegno, ma sinceramente sarò contento almeno per averci provato, poi tanto in qualche maniera uno se la cava, siamo o no pur sempre italiani?
Hasta Siempre
The Boss
martedì 4 settembre 2012
domenica 2 settembre 2012
PENSIERI D'ESTATE
corse nel centro contro ogni regola;
cammelli della stazione;
carne da macello in prima linea ad affrontare i dictat del consumismo e del perbenismo;
vite segnate dall'asfalto rovente,
dall'ebbrezza di un aperitivo che non vuole finire mai
e dalla noia della città.
Vocabolari che si aprono sfogliati dal vento,
saperi affascinanti,
ma desueti,
che si perdono nell'ignoranza;
laureati per chi? Per che cosa?
Voglia di fuggire lontano dalla terra che ti ha cresciuto,
incurante della povertà e del cinismo che ti aspettano,
strappato dalla famiglia, dagli amici, dagli affetti;
manca però lo stimolo per continuare,
eppure non puoi sfuggire al destino,
che ti guarda crescere col suo sorriso sornione.
Qualcuno ce la fa ad evadere,
da cosa e per trovare cosa poi non si capisce,
ma ciò che cerca forse in fondo lo sai,
perché lo hanno sognato tutti almeno una volta,
anche se poi cerchi di negartelo.
Così ti trovi solo,
a crescere in un contenitore che non ti appartiene più,
svuotato del mondo che ti eri creato,
accerchiato solo dai ricordi
e avvolto dal caldo rimpianto del coraggio che ti è mancato al momento giusto,
che non vuoi chiamare intelligenza solo per non sminuirti troppo,
nascondendoti dietro a un'anima nera,
che ti sei creato a tua insaputa,
per soffocare la rabbia che provi per i tuoi errori a cui non potrai mai trovar rimedio;
Così ti trovi ad affrontare una vita che non avresti voluto,
ma che in fondo non puoi negare di esserti costruito con le tue esperienze,
per assecondare chissà quale bisogno imposto da questa società della vergogna,
accorgendoti che il dito ormai non ti è rimasto che rivolgerlo verso te stesso.
Pensieri d'estate che se ne vanno,
trascinati dalle onde e dispersi nel vento,
in riva al mare davanti a un tramonto,
sempre più amico,
sempre più dolce,
sempre più traditore e infido.
Hasta siempre
The Boss
venerdì 3 agosto 2012
VALORIZZARE IL CAPITALE INTANGIBILE NELLE PMI PER OTTENERE CREDITO
“Valorizzare il Capitale Intangibile nelle PMI per ottenere
“ulteriore” credito”: esperienza pratica in Confindustria Bergamo
Hasta siempre
The Boss
domenica 27 maggio 2012
STEWARD SENZA COMPENSI MA CON LA LINGUA LUNGA
Intanto la prima pagina del sito del L'Eco di Bergamo è conquistata!
Lettera di uno steward dello stadio «Siamo senza compensi da gennaio» - Sport - L'Eco di Bergamo - Notizie di Bergamo e provincia
per i più pigri lo trascrivo qui sotto...
«Buongiorno, sono un vostro affezionato lettore, nonché steward presso lo stadio di Bergamo. Vi scrivo nella speranza che voi possiate dare voce a me e ai miei colleghi che da mesi non riceviamo il compenso, per le nostre prestazioni servite ad Atalanta B.C.».
«L'ultima mensilità che ci è stata corrisposta è stata quella di gennaio 2012, per di più in ritardo di 3 mesi, ma almeno era stata pagata, in questo periodo di crisi si accettano certi disguidi, anche se a malincuore. Ora però sono mesi che prestiamo servizio senza ricevere un soldo».
«Ieri si è chiusa la stagione calcistica presso lo stadio di Bergamo con l'ultima partita dell'AlbinoLeffe e, dato che gli steward delle due squadre sono i medesimi, ci siamo confrontati sulla problematica. Alcuni di noi si ritrovano con arretrati importanti, che possono pesare sul bilancio di una famiglia a fine mese, ma che per una società di calcio di serie A, come è la nostra cara Atalanta, non credo dovrebbero influire nemmeno sul bilancio giornaliero».
«Indiscrezioni vogliono che la colpa dei ritardi sia da accollare ad Atalanta e non alla società di servizio (Assist s.c. di Vicenza). Sinceramente non credo che importi a nessuno steward chi deve i soldi, basta che arrivino da qualcuno. Ci piacerebbe almeno sapere il motivo del ritardo, perché nessuno ha mai avuto nemmeno la gentilezza di essere chiaro su questo versante».
«Potremmo essere comprensivi come lo siamo sempre stati in passato, ma il confronto con un muro di gomma non aiuta. Scrivo a voi de "L'Eco di Bergamo", perché vi ritengo la voce più vicina al territorio e ai suoi abitanti, perché vorrei anche solo che i tifosi, che ci ricordano sempre nei loro cori con vezzeggiativi simpatici, ma soprattutto il presidente Percassi, conoscessero la situazione che viviamo e magari potessero aiutarci col loro potere a sbloccarla prima dell'inizio della nuova stagione».
«Perché non credo che saremo ancora in molti disposti a venire ogni domenica allo stadio a dare il nostro servizio, indispensabile per quanto la gente lo critichi, raccogliendo insulti e rischiando l'incolumità personale durante i tafferugli, a titolo gratuito. Spero possiate aiutarci».
«Preciso che le parole sopra riportate rappresentano solo il mio pensiero personale e non vi è alcuna intenzione di rappresentare il gruppo degli steward di Bergamo».
Hasta Siempre
The Boss
martedì 1 maggio 2012
SARA
Ho conosciuto Sara quando lei aveva venticinque anni ed io diciannove. Allora frquentava la specialistica di Economia a Pavia e nel frattempo - per guadagnarsi qualche soldo - faceva il servizio civile alle Acli a Bergamo: è stato in quel contesto ci siamo incontrati. Quando parlavamo di cosa avremmo fatto da grandi, Sara mi dicheva che avrebbe voluto lavorare nel no profit e, per poter dare gambe a questo suo sogno, aveva scelto di frequentare una specialistica sulle organizzazioni internazionali e, successivamente, di fare la tesi sul microcredito alle imprese nei paesi in via di sviluppo.
Sara ha realizzato il suo sogno. Terminato il servizio civile alle Acli, si è laureata e, poco dopo, è stata assunta da CESAC (ora COESI), un consorzio che presta servizi di assistenza e consulenza di vario tipo (contabilità, buste paghe, formazione, fund rasing) alle cooperative sociali, quella che viene appellata la via buona del capitalismo.
Sara è comunista e pacifistica. Una di quelle ragazze che veste un po' alternativo, non disdegna il poncho e gli altri accessori che vendono al negozio del commercio equo e solidale.
Però quando siamo andati al matrimonio Davide (un amico in comune), Sara era vestita molto elegante tanto che aveva suscitato le avance di un mio amico di allora venuto alla festa in auto con me. Il tale era diventato così molesto che alla fine della fesra io, sara ed altri ci siamo dati alla fuga: nel senso che siamo partiti senza il molestatore, il quale, accortosi che sarebbe rimasto senza passaggio in mezzo alle colline di Scanzo, priam si è messo a rincorrere la mia macchina cercando invano di raggiungerla e dopo a tempestarmi di chiamate lanciandomi una serie di (legittimi) impropèri.
Dopo quella bella festa io e Sara ci siamo persi di vista. L'avevo incontrata qualche volte il tardo pomeriggio mentre io andavo alle Acli e lei usciva da COESI al termine di una giornata di lavoro. Ogni tanto ci sentivamo in chat.
Sara l'ho rivista oggi. Morta. Un cancro che l'abitava da oltre un anno se la è portata via all'età di trentanni. "Sara è morta. Ora è nelle braccia del Signore. La saprà ricompensare come solo Lui sa fare. è alla camera mortuaria della san francesco. ciao, Elena" Così recita l'sms della mia ex che mi ha dato la notizia.
Sapevo che Sara era ammalata, ma non sono andato a trovarla visto che lei aveva detto a tutti che preferiva non ricevere visite. Avrei voltuo mandarle un mazzo di fiori con un biglietto, ma poi non l'ho fatto ... solo qualche preghiera e neanche con troppa costanza.
Ad ogni modo quando ho letto il messaggio non ho pensato al Paradiso ed al caldo abbraccio del Padre Eterno, ma al buio ed al freddo della morte.
Mi sono subito corsi per la mente i peggiori insulti, ma ovviamente senza sapere a chi indirizzarli. Anzi a dire il vero forse avrei voluto riferirli nei confronti del Padre Eterno, ma il mio autocontrollo e le Tavole dei Dieci Comandamenti me lo hanno impedito.
Ho voluto rivedere Sara un'ultima volta. Volevo conservare nel albun dei ricordi un'ultima immagine che potesse accompagnarmi. Sono entrato alla clinica sanfracesco chiedendo della camera mortuaria, ma ovviamente il portinaio mi ha detto che per quella stanza si entrava da un ingresso separato, essendo peraltro la stessa collocata in un piccolo edificio ad hoc, diviso dall'ospedale. Meglio tenere i morti lontano dalla vista e nascondere le facce dei visitatori della salma lontane da quelle dei pazienti dell'opsedale e dei loro cari. Quasi come sela morte non avesse nulla a che fare con la vita e fosse confinabile - anche da un punto di vista spaziale - in un mondo a parte, separato dal mondo dei vivi. E ciò nell'assurda concezione che la morte incrocerebbe la vita solo per sbaglio e toccasse sempre gli altri.
Quando sono entrato nel piccolo edificio di fianco alla clinica ho visto dentro la bara una bambola color cera coi capelli neri ormai sfibrati raccolti sopra la nuca. Il viso era scarno e aveva perso la sua naturale forma. Vestiva il poncho e sotto la bara c'era una bandiera arcobaleno della pace (queste erano state le ultime volontà di Sara, come a voler dirci che era rimasta fedele ai suoi sogni fino all'ultimo).
All'inizio sono rimasto incredulo e sgomento. Senza quella bandiera della Pace, senza la mamma accanto alla bara non avrei mai pensato che ci fosse stata Sara dentro quella scatola di legno. Ma poi quando ho capito che quella figura inanimata era Sara, la Sara che conoscevo, il cuore ha cominciato a martellarmi il petto ed a bloccarmi la lingua. E mi sono chiuso in silenzio, sconvolto da come il male potesse rendere irriconoscibili le persone, anche se tanto giovani.
Durante questi attimi di mutismo ho ripensato che agli ultimi mesi di vita di mio padre, a quando mio fratello - appena tornato dal Portogallo - l'aveva visto sotto casa che aspettava un collega che l'avrebbe accompagnato al lavoro e mi aveva detto che in quell'uomo aveva a stento riconosciuto papà. Il cancro ti colpisce nelle più diverse parti del corpo, ma poi fotte tutti allo stesso modo. In questo è una malattia estremamente attenta ai valori costituzionali di uguaglianza. Puoi vivere a Reggio Calabria ed essere disoccupato o vivere nella prospera Lombardia che tanto, se ti deve spedire al Creatore, il Nostro lo fa non senza troppo sottilizzare sulla struttura ospedaliera sul nominativo primario cui sei in cura. Se ne sbatte i coglioni in nome dell'Unità degli Italiani ammalati.
Poi ho ripreso a contemplare il feretro. Accanto alla bambola color cera c'era la mamma, il compagno della signora (il papà di Sara se ne era andato anche lui a seguito di un tumore, il che aveva reso Sara timida ed arrendevole alla malattia, come un vitello che intuisce di stare andando al macello) ed il fratello di Sara.
C'era anche un altro volto a me noto, uno dei capoccia delle Acli che stava colloquiando con la signora. Anche dopo il servizio civile Sara aveva continuato ad essere in rapporti con questo personaggio: Sara sbobinava gli incontri culturali delle Acli di modo che lei potesse arrotondare lo stipendio e lui usare i testi sbobinati come base per gli articoli che avrebbe scritto e venduto a qualche giornale cattolico.
Grazie a lui, Sara aveva ottenuto di poter rimanere alla Sanfracesco senza finire in hospice (si chiama così, come se l'inglese avesse l'effetto taumaturgico di alleviare il significato della parola). D'altra parte in Italia la raccomandazione serve per fare qualunque cosa, ivi incluso scegliere il luogo dove andarsene da questo (unico?) mondo.
Il pezzo da novanta delle Acli, terminato di parlare con la mamma, se ne andò senza salutarmi, pur trovandomi a meno di due metri di distanza lui. Non credo l'abbia fatto per non interrompere il mio silenzio, quanto perché certi soggetti, pur avendo assiduamente sulla bocca il nome di Dio, nemmeno di fronte alla morte mutano la propria vera nautra e si piegano ai valori della civiltà, perdonando (di che cosa poi non si sa) gli "asseriti" nemici e professando con la vita quel vangelo di cui si dichiarano fedeli davanti alle moltitudini.
Nè io feci alcun gesto di saluto verso di lui, ero ancora stordito fisso sul corpicino della mia amica incredulo ed attonito e non ero neppure riuscito a salutare i parenti di Sara.
Una volta che trovai il coraggio per avvicinarmi mezzo metro in più alla più alla cassa di legno ed interrompere finalmente il mio mutismo salutai la mamma di Sara. La signora - che mi aveva già riconosciuto appena entrato - mi parlava della figlia come fosse ancora viva il che non mi sorprese troppo; i morti, pensavo, continuano a vivere per chi resta, la valenza delle loro azioni ed il frutto del loro amore non si interrompono con la cessazione delle loro funzioni vitali, ma proseguono senza soluzione di continuità incarnandosi nella nostra esistenza in una sorta di eterno presente.
Stetti ancora insieme alla bambola di cera altri 5 minuti, ripercorrendo con la mamma di Sara la vita della figlia: gli studi, le amicizie, il servizio civile alle Acli, il suo lavoro. Poi il custode ci disse che la sala avrebbe chiuso e quindi dovemmo andarcene via tutti. Nel salutarci fu quasi la mamma di Sara che mi diede la forza. Del resto è spesso così: è chi avuto dimestichezza con la morte che riesce a dare agli altri vivi la spinta per andare avanti nonostante la morte.
E mentre mi allontano dalla camera mortuaria, col cuore stretto ripenso a Sara, a mio papà, all'omone maleducato delle Acli; ripenso anche a Gesù, alla Pasqua, ed allo stupore dei discepoli nel vedere il loro Maestro risporto. E spero che il Cristo non abbia millantato credito rispetto alla sua relazione con Dio e che gli evangelisti non siano rei di falsa testimonianza.
Allora, forse, Sara adesso è in viaggio verso la luce e la camera mortuaria non è altro che un autogrill sulla strada verso casa.
CIAO SARA.
Antigone
mercoledì 25 aprile 2012
STUDIARE NUOCE GRAVEMENTE AL PORTAFOGLI
Non è possibile che si ribaltino tutte le mie certezze che mi hanno spinto a impegnarmi nello studio finora fregandome del guadagno facile; a consolarmi resta solo la certezza di avere una cultura superiore alla media, che purtroppo però non mi darà da mangiare, ma i soldi non fanno la felicità né la pancia piena!
E poi le donne danno dei misogini agli uomini che appendono i calendari delle donne nude in ufficio, vi assicuro che sarebbero meno pesanti che subire questo!
Hasta siempre
martedì 27 marzo 2012
TEMPO DI RIFORME
lunedì 26 marzo 2012
sabato 24 marzo 2012
ART. 18
Questo diritto spetta solo ai lavoratori delle aziende con più di 15 dipendenti ed ai lavoratori subordinati impiegati con contratto a tempo indeterminato. Per i lavoratori delle aziende sotto i 15 dipendenti nel caso in cui il Giudice dovesse ritenere non esistenti i presupposti di legge di giusta causa o giustificato motivo allegati dal datore di lavoro per effettuare il licenziamento, può solo accordare al lavoratore un'indennità che va dalle 2,5 alle 6 mensilità. Per i lavoratori parasubordinati o a tempo determinato (ai tempi dell'approvazione della legge molto pochi) questa tutela, così come altre, non era prevista.
Per i licenziamenti per causa discriminatoria (motivi politici, religiosi, sindacali, raziali, di genere) invece il Giudice, sempre che si tratti di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, deve sempre ordinare la reintegrazione sul posto di lavoro, a prescindere dal numero di dipendenti dell'impresa.
2012.Il mondo è molto cambiato dagli anni Sessanta e Settanta. L'economia italiana (pur essendo ancora la settimana al mondo) arranca sotto i colpi della crisi ed è stata superata (o lo sarà nei prossimi anni) da quella di alcuni paesi emergenti. Il mercato del lavoro è cambiato: gli operai esistono ancora ma non sono più una "classe" (la classe operai è andata in paradiso, verrebbe da dire, parafrasando il titolo di un film);le grandi imprese sono sempre di meno ed il tessuto produttivo è formato sempre più da piccole imprese, molte delle quali non superano i 15 dipendenti; le imprese assumono sempre meno a tempo indeterminato e sempre più con contratti a termine, contratti parasubordinati (i famosi co co pro) con partite IVA fittizie (perché con un unico committente del servizio o della attività lavorativa resa), con gli interinali etc.
Ai lavoratori precari ed ai lavoratori delle piccole imprese (peraltro in genere esclusi dal circuito della rappresentanza sindacale che invece paradossalmente rappresenta un gran numero di pensionati, cioè di coloro che furono lavoratori), l'art. 18 non si applica. Eppure di questi lavoratori nessuno se ne cura, in primis i sindacati. I contratti flessibili (che di per sé non sono un male) sono ormai la porta per l'ingresso e, spesso, per la permanenza delle nuove generazioni nel mercato del lavoro: si tratta di lavoratori sforniti di molte tutele che hanno i lavoratori a tempo indeterminato (per esempio la maternità e l'indennità di disoccupazione) e che avranno pensioni bassissime e tante incertezze per i loro progetti di vita.
Sull'art. 18 in questi giorni c'é grande parapiglia. Si tratta di una questione anche valoriale che scalda i cuori e riaccende le sopite differenze tra Destra e Sinistra, Imprenditori e Lavoratori: da una parte c'è il diritto dei lavoratori a non perdere il lavoro se licenzati ingiustamente, dall'altra quello dell'imprenditore a poter licenziare lavoratori incapaci o che "per ragioni economiche" non può più tenere in azienda, a prescindere dalle valutazioni del Giudice (la verità processuale può non coincidere con la verità dei fatti) all'esito di un processo che può durare anche qualche anno.
E d'altra parte è evidente che una delle ragioni per cui le imprese assumono con contratti "precari" è la possibilità di lasciare a casa i lavoratori quando, evenutalmente non serviranno più all'impresa senza dover rischiare di passare dal Giudice. Purtroppo però questa non è l'unica ragione: altri motivi sono la maggiore convenienza economica dei contratti flessibili in termini di oneri contributivi ed il potere ricattatorio che il datore di lavoro ha verso il lavoratore con l'arma del contratto precario.
A me la soluzione di modifica dell'art. 18 proposta dal Governo Monti sembra confusa e pasticciata: se passa il principio che i lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo (cioè per ragioni economiche) poi riconosciuto dal Giudice come infondato, possono solo ricevere un risarcimento monetario, allora tutti i licenziamenti verranno motivati dai datori di lavoro con questa ragione in modo da non essere soggetti all'ordine di reintegrazione del giudice che permerrabbe in caso di licenziamenti giustificati per ragioni disciplinari o discriminatorie. Così facendo però si tolgono tutele ai lavoratori in un periodo di crisi e grave difficoltà per tante famiglie e lavoratori e si attribuisce al datore di lavoro un potere ricattorio enorme specie verso le donne od i lavoratori over 50 che, se perdonono il lavoro, fanno molta fatica a trovarne un altro.
Il punto di equilibrio a mio modo di vedere dovrebbe essere, quindi, un altro: in caso di licenziamento per ragioni economiche il Giudice dovrebbe avere la facoltà di scegliere se reintegrare il lavoratore oppure disporre l'indennizzo. E nella scelta tra le due opzioni il Giudice dovrebbe tenere conto della situazione della situazione economico - finanziara dell'impresa (fatturato, indebitamento etc.), in modo da poter venire incontro all'impresa che comunque si trovi in una situazione di difficoltà. Lo stesso dovrebbe avvenire per i licenziamenti avvenuti per gisutificato motivo soggettivo: bisognerebbe dare la facoltà al giudice di riconoscere al lavoratore il solo indennizzo e non la reintegrazione sul posto di lavoro quando, sebbene le colpe del lavoratore non siano tali da giustificare il licenziamento, comunque tali comportamenti siano rilevanti ed influenti sulla sua attività dell'impresa.
Ma non dimentichiamoci che l'art. 18 è solo una parte del problema, riguardando i soli lavoratori a tempo indeterminato. A mio avviso è urgente ridurre la giunga dei contratti precari andando verso un contratto "unico" di inserimento dei giovani di durata triennale (senza la tutela dell'art. 18, ma con tutte le altre tutele dei lavoratori a tempo indeterminato), con incentivi per le imprese che stabilizzano i giovani al termine del triennio assumendoli a tempo indeterminato.
In ogni caso la riforma del mercato del lavoro va fatta con legge ordinaria, restituendo piena sovranità al Parlamento.
Antigone
giovedì 22 marzo 2012
IL CICLO DELLA CRONACA TELEVISIVA
domenica 18 marzo 2012
MAL COMUNE, MEZZO SALVO
CONVEGNO BIENNALE CSC (Centro Studi Confindustria) 2012
Molto meglio di Barroso e degli altri politici che hanno fatto i brillanti con battutine senza fini se non quello di strappare consensi al pubblico. Monti non è certo un mattatore come altri primi ministri sono stati, ma nella sua flemma caccia frecciatine a tutto e tutti senza alcuna paura.
Un paladino della nazione? Forse come dice la Camusso è facile tagliare pesantemente colpendo i meno potenti, rimanendo schiavi delle corporazioni; forse però è anche l'unica soluzione, o quanto meno la più veloce e più semplice, per uscire dal baratro che ci sta risucchiando.
Una standing ovation ha accolto il bocconiano al suo ingresso, imbarazzando non poco il relatore del momento che si è trovato zittito nel mezzo di una battuta simpatica ma non così clamorosa; e così anche il finale del suo discorso, lungo ma interessante, è stato chiuso con minuti di applausi di approvazione.
Due battute però dovete concederle: una è che Monti ha fatto la figura di quello che entra nel bar di gay urlando sono omosessuale; ľaltra è che poco prima di lui invece aveva parlato la Camusso, che invece ha fatto la figura del negro invitato alla festa del KKK... La festa di Confindustria è giusto sia anche questo, non bisogna dimenticare che è una lobby che aggrega gli interessi di migliaia di imprese italiane, non si può fare un gioco troppo imparziale, ma devo ammettere che non si è stati troppo schierati.
Una critica voglio dedicarla alla Marcegaglia: cara Emma, è vero che ormai inizi a puzzare di avariato, i giorni per te sono contati (Giovedì verrà eletto il nuovo Presidente), per questo ti sei voluta togliere i sassolini delle scarpe, ma fare la scenetta della donna che ha trovato difficoltà per il proprio sesso è risibile, detto da una donna con le palle come è Emma suona male. E poi il demagogismo, fatto frustando uno dei pochi governi riformatori, forse non è corretto, diamo il tempo anche a loro di produrre risultati, in fondo sono poi solo 3 mesi che lavorano, se poi dopo 4 anni non avranno combinato nulla di speciale come qualcun'altra allora li metteremo alla gogna. Ma d'altronde non hai mai nascosto di essere attaccata al passato, ostacolando la rinnovazione della struttura, e forse sabato col tuo discorso hai voluto lanciarti in politica, ti sei voluta far sentire vicina ai pensieri liberali e ai venti di cambiamento che servono a sospingere la malandata nave Italia. Mi dispiace, cara Emma, ma io ti ho sentita solo suonare la tromba cercando di salire sul carro del vincitore (Bombassei infatti è ormai dato in vantaggio su Squinzi e il suo programma è di "rifondazione" come dicono scherzando i suoi colleghi).
Se poi però anche i centri culturali, collaboratori dell'ONU, come Gherush92, si impegnano a mettere in dubbio il valore culturale di pietre miliari come la Divina Commedia tacciandola di antisemitismo, antiislamismo e omofobia, come faremo a salvarci? Forse, come già ho denunciato in queste pagine in altre occasioni, anche stavolta i media sono stati sfruttati per farsi pubblicità scandalizzando e accendendo gli animi, ma io odio profondamente sentire certe minchiate e mi sento di denunciarle.
Gli altri relatori, infine, hanno scherzato sul trio Germania, Francia e Italia ma solo il fatto di essere ritornati a essere paragonati alle due big mi rincuora; perchè invece un docente greco del MIT di Boston ci ha ricordato che secondo i numeri noi non stiamo che curando i sintomi e non la vera malattia, che quindi non è lo spread o la finanza, ma i veri mali sono la corruzione e il costo che la politica impone ai lavoratori.
Fra tasse, investimenti sbagliati, debiti posticipati, leggi demagogiche o autoriferite, tentennamenti, mentalità sbagliate e molti altri errori della classe governante a casa sua hanno già dichiarato il default.
Speriamo bene dai! Decontestualizzandola, vorrei dedicare all'Italia e agli italiani una citazione di un personaggio controverso dei nostri tempi: "Tegn dur, mai molà!"