A camminare lungo le strade di
Londra possono farsi incontri decisamente inaspettati. Fai la fila davanti alla
cassa di uno degli innumerevoli mini-market indiani, che dilagano nella grande
metropoli, e ti spazientisci per la goffaggine di una vecchietta che ti precede,
lenta nel pagare e nel lasciarti il posto. La guardi andar via trascinarsi a
fatica il suo corpo esile e stanco. Mai potresti immaginare che dietro quel
vestito ordinario, sotto quel foulard stinto, si nasconde uno dei personaggi
più potenti e influenti della seconda metà del 900.
Il film comincia proprio così.
Margaret Tatcher sotto le “veritiere” spoglie di una vecchia nonnina, pervasa
dai ricordi del suo più o meno glorioso passato e ossessionata dalla presenza
del fantasma del marito che, anche post mortem, le è sempre a fianco. Ed è
proprio attraverso i suoi ricordi che gli spettatori ripercorrono la vita di
questa grande donna. Già in giovane età, grazie alla figura carismatica del
padre, si avvicina al mondo della politica ed entra nel partito conservatore.
Poi un’escalation inarrestabile che la porta, in 25 anni, alla guida del suo
stesso partito e, dopo le elezioni del 1979, a Downing Street.
Più che un’analisi della
situazione socio-politica di quegli anni e di come la PM si mosse all’interno
della stessa (anche se non mancano i riferimenti a vicende storiche importanti
come lo sciopero dei minatori e la guerra delle Falkland), il film s’incentra
sulla persona Margaret Thatcher, nel pubblico e nel privato. E’ così che ci
appare una donna di una tempra eccezionale, decisa, combattiva. Unico modo per
emergere in un mondo maschile e maschilista che fin da subito critica e
diffida. E’ questa, a mio avviso, la parte che si fa più apprezzare. Lloyd fa
emergere questo aspetto con scene di forti contrasti tra la lady e i suoi
ministri, i deputati, i manifestanti, le forze armate. Scene in cui lei è sola
sopra tutti o contro tutti. E questi “tutti” sono sempre uomini. La giovane,
dolce, indifesa ragazza originaria del Lincolnshire ora è la donna più
odiatamata d’Inghilterra, è “la donna al potere”, è la “lady di ferro” come
avranno a dire i russi.
Ma, come ogni storia di vita
reale, a fase ascendente segue fase discendente. Ed è così che la sua forza
diventa prepotenza, il suo decisionismo diventa autoritarismo e, inevitabile,
si crea il vuoto intorno a lei. Dal suo fidato vice Howe, che da le dimissioni,
al suo partito che le volta le spalle, fino a suo marito, che la lascia per
cause naturali. Margaret esce così di scena, dopo 10 anni alla ribalta, ancora
una volta sola. E’ proprio la solitudine che traspare, sia nelle vicende
passate che in quelle presenti. Se nei suoi anni d’oro era sola contro il mondo
maschile, ora è sola nella sua stanza, come una vecchia leonessa in gabbia,
tormentata dalla malattia e ossessionata dal fantasma del marito. In fondo
forse, non vorrebbe altro che i ricordi la lasciassero stare e chiudere in modo
ordinario una vita assolutamente straordinaria.
Ivan Karamazov
che donna! forse è un altro esempio da inserire nel post precedente sulľemancipazione femminile... ha cambiato la storia di milioni di persone e a mio modesto parere anche in meglio.
RispondiEliminaHasta siempre
The Boss
ma che poesia nelle tue parole karamazov, mi piace come scrivi.. cos'altro sai fare così bene? ;)
RispondiEliminaLuanafoiainfoiata